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Per Ordini e imprese una manovra insufficiente

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Sabato 19 Ottobre 2013


TRENTO. Dai nostri inviati
Un giudizio negativo sulla legge di stabilità, una serie di richieste e segnalazioni a Governo e Parlamento perché adottino prospettive di maggior respiro per uscire dalla crisi. Dagli incontri del Festival delle professioni in corso a Trento (promosso dal GiPro, il tavolo dei giovani professionisti della Provincia) emergono le preoccupazioni e le perplessità non solo dei 2 milioni e 300mila iscritti agli Ordini, ma anche di quei giovani che saranno professionisti domani.
Si trovano perciò in sintonia Marina Calderone (presidente del Cup) e Paolo Mazzalai (presidente Confindustria Trento) nel criticare il Ddl di stabilità per "mancanza di coraggio". «A professionisti e imprese - rammenta Calderone - si dà ben poco per affrontare la crisi. Mentre la pubblica amministrazione dilata nel tempo i suoi sacrifici». Concorda Mazzalai: «La legge di stabilità trascura imprese e famiglie ed è a dir poco inefficace. Sembra ignorare le reali condizioni del sistema produttivo italiano».
Le posizioni si distanziano, invece, quando si discute degli Ordini. Calderone spiega il ruolo di sussidiarietà delle professioni nei confronti dello Stato, «ruolo spesso a costo zero per lo Stato, anche se garantisce risparmi e recuperi di efficienza». La presidente Cup invita alla «coesione tra le categorie» e reclama per le professioni il ruolo di «attori sociali, non parti sociali». Mazzalai precisa: «Le imprese non sono contro gli Ordini. Ma chiediamo alle professioni di avere modalità organizzative più efficaci, anche attraverso la forma societaria, di migliorare la pubblicità e la trasparenza, di ripensare alle riserve legali». Dalle categorie giungono dei distinguo, a segnare le distanze tra servizi e servizi professionali - lo ricorda Graziano Martello, consigliere nazionale dei dottori agronomi - a ribadire la salvaguardia della fede pubblica affidata alla professione - lo sottolinea Maurizio Paissan, vicepresidente dei periti industriali - a segnalare le insidie legate al riconoscimento delle associazioni professionali per categorie che professioni non sono. «Una deriva pericolosa - avverte Gaetano Penocchio, presidente nazionale dei veterinari - che invoca in modo mistificatorio le libertà economiche e la concorrenza puntando invece a destrutturare il sistema delle professioni senza interrogarsi sulle conseguenze».
Il mondo delle professioni non è comunque immobile, Ordini e collegi sono influenzati dai processi di globalizzazione e dalle dinamiche di domanda e offerta. Mentre in Italia si discuteva di liberalizzazioni, tariffari e iscrizioni agli ordini, la crisi ha iniziato a farsi sentire insieme alle nuove direttive europee da recepire. Ad avvertire i primi segnali di cambiamento – calo di iscritti e contributi, maggiore richiesta di accesso al credito – sono state le casse previdenziali, che si sono attivate invocando una revisione del sistema di welfare più inclusiva rispetto ai professionisti e che punti su formazione, occupazione e previdenza come aspetti strettamente correlati. Al Festival si è parlato anche di questo nell'incontro tenuto dall'Associazione degli enti previdenziali privati (ADePP) che conta oltre 2 milioni di iscritti da 20 enti diversi. Nel "Manifesto per un welfare dei professionisti" ADePP chiede una tassazione più equa e l'abolizione del regime di doppia tassazione al quale sono sottoposti gli Enti, oltre all'inclusione dei professionisti tra i destinatari delle politiche per lo sviluppo e per l'inclusione sociale di cui beneficiano altri lavoratori. Con attenzione ad anticipare e irrobustire l'ingresso alle carriere.
Di accesso alla professione si è discusso anche nell'incontro sulla nuova disciplina dell'ordinamento delle professioni forensi che ha visto la partecipazione della rettrice dell'Università di Trento, Daria de Pretis, e di Carla Broccardo, componente del Consiglio nazionale forense. In particolare, le novità per il tirocinio stabilite dalla legge 247/2012 hanno suscitato perplessità. Sul tavolo la riduzione della pratica da 24 a 18 mesi e la possibilità di effettuarne una parte durante la carriera universitaria. Un nodo che però potrà essere sciolto non prima del 2015 con la firma di una convenzione ad hoc tra Consiglio nazionale Forense e Conferenza dei direttori dei Dipartimenti universitari.
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Sabato 19 Ottobre 2013
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